31 dicembre 2012

Jennifer Egan d'annata: un romanzo "in anticipo"

“Andai al bar, ordinai una vodka doppia e me la scolai. E in un solo istante – quello in cui la buttai giù – attraversai, con rapidità telescopica, le molte gradazioni fra una moderata ebbrezza e un’ubriachezza sbalorditiva”. Questa, al netto del tasso alcolico, era l’inebriante sensazione che procurava la lettura di Il tempo è un bastardo, romanzo premio Pulitzer di Jennifer Egan, di cui ora Minimum Fax ha pubblicato un libro precedente, Guardami, scritto nel 2001, da cui è tratta la citazione. A parlare è Charlotte Swenson, una modella che, in seguito a un incidente stradale, si ritrova, dopo svariate operazioni e una lunga convalescenza, ad avere un volto nuovo, diverso, un volto che gli amici non riconoscono. E da qui, da questa forma di anonimato privato – nel senso che è un anonimato anche a se stessa – parte la storia di Charlotte che Jennifer Egan, già dieci anni fa bravissima nel costruire le strutture narrative, svela poco a poco, dandoci a volte l’impressione di una drammatica onniscienza, a volte quella di una cocciuta (e perfino un poco compiaciuta) reticenza. Intorno alla protagonista di questo romanzo elettivamente fluviale si muovono molti personaggi, alcuni memorabili altri più scontati, tra i quali spicca l’altra Charlotte, una ragazzina 17enne di cui nel libro viene raccontato il classico passaggio della “linea d’ombra” tra l’adolescenza e la, supposta, maturità.

Intorno alle due figure femminili, che Egan mostra al lettore in tutte le sfumature possibili, senza alcuna indulgenza (seppur con innegabile affetto, nel senso di quello che uno scrittore prova verso certi suoi personaggi), si snoda la storia, che è sempre sorretta da un linguaggio la cui esuberante ricchezza raramente scivola nell’ammiccamento. Prova che il talento della scrittrice 50enne di Chicago è puro, anche se in Guardami ancora con qualche piccola imperfezione, rappresentata soprattutto dai due personaggi maschili Moose e Michael West e, in confronto con Il tempo è un bastardo, da una minore capacità di piegare all’inverosimile proprio il tempo della narrazione.



L’esito, comunque, è sempre di primissima grandezza e Guardami brilla, come ha subito notato un lettore acuto come Gianluigi Ricuperati, per le intuizioni sul futuro dei rapporti umani al tempo della tecnologia che già vi sono contenute. In qualche modo, partendo dallo smarrimento identitario di Charlotte modella (per distinguerla dalla Charlotte ragazza che ne è in un certo senso un doppio), Jennifer Egan immagina il social network ante litteram Persone Comuni, una sorta di Facebook descritto tre anni prima che il sito di Zuckerberg andasse effettivamente online, che mostra la capacità di lettura sociologica dell'autrice, le cui antenne sanno percepire i movimenti del costume e la cui penna sa tradurre queste intuizioni in buona letteratura, il che, in sostanza, è la formula segreta del costante miracolo dei suoi romanzi. 

E il tempo, il vero “nemico” della scrittrice di Chicago contro cui si batte con le proprie pagine (come lei stessa aveva spiegato a Kilgore in un’appassionante intervista nei mesi scorsi - IL VIDEO), è sempre al centro dell’attenzione. “Capisci – dice a un certo punto Thomas, curatore del progetto Persone Comuni – è il futuro. Succederà con o senza di te. Ma se prendi parte a questa cosa, se ti ci dedichi, quel futuro sarà tuo: ne sarai proprio al centro. Se opponi resistenza, vedrai che ti passa sopra e ti schiaccia, e qualunque cosa tu abbia adesso, ti ritroverai ad averne meno”. Dieci anni dopo, il romanzo da Pulitzer ha dimostrato che Jennifer Egan quel futuro se lo è preso, e lo probabilmente pure un po’ cambiato con la forza della propria scrittura.



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