17 maggio 2012

Negli specchi dei resoconti di Carlo Pizzati

E’ anomalo fin dalla confezione il terzo libro di Carlo Pizzati. Infatti Il passo che cerchi (Edelweiss edizioni) è una raccolta di racconti – ma l’autore li definisce, già dal sottotitolo, “resoconti letterari” – ibridata con una serie di fotografie narrative, che fanno da significativo contrappunto, o compendio a seconda dei casi e della sensibilità dei lettori, ai testi. L’aspetto e la dimensione sono quelli di un libro fotografico (il che lo rende un oggetto moderatamente inadatto alla lettura in luoghi molto affollati), ma il contenuto è ribollente di letteratura, che, in omaggio a Perec e all’OuLiPo, movimento a cui alcuni testi sono ufficialmente ispirati, appare qui più che mai una forma di istruzioni per l’uso della vita. Senza intenti didattici, naturalmente, ma con quella forza esemplare che le buone narrazioni portano implicita con sé. Se a ciò si unisce quella che è forse la peculiarità di tutte le 14 storie, ossia il costante gioco di specchi che genera una confusione di piani tra il narratore e il narrato e, per estensione, tra il resoconto (ma noi, discepoli di Barthes, continuiamo a credere che ogni resoconto sia, per sua stessa natura anche un racconto, con le sue regole strutturali e la sua componente, in questo caso spesso mirabile, di costruzione) e il lettore, assalito anche dalla magia segreta delle fotografie, ecco che si capisce il fascino di quest’opera che, come si diceva, appare magneticamente anomala. E, in un panorama letterario italiano che per larghi settori appare appiattito su poche posizioni codificate, si capisce come la stessa parola “anomalia” porti con sé l’aggettivo “interessante”.

Dopo essersi misurato con il reportage letterario (Tecnosciamani) e con il romanzo di formazione (l’ottimo Criminàl), questa volta Carlo Pizzati scende sul terreno della narrazione breve, a volte brevissima, secondo Faulkner la “forma poetica” più difficile per uno scrittore. E lo fa andando a scavare dentro il proprio personale vissuto –  tanto che a volte si ha la sensazione di essere di fronte a un autore che si mette a nudo – o ancora nella scienza (matematica soprattutto) e nella suggestione letteraria. Con un coraggioso inizio, nella sezione Mondo che precede Cifre e Carte d’identità, che spinge fortemente su una parola, “fratellanza”, che lo stesso scrittore veneto (ma in realtà cosmopolita inquieto e in perenne ricerca) ritiene la più trascurata tra le tre idee che la Rivoluzione francese assurse a proprio slogan. Il fatto di insistere sulla “parola”, che svela mondi di idee e di uomini, sembra essere uno dei possibili fili rossi dell’intero libro, e qui forse rientra in modo decisivo il ruolo delle immagini, che provano a contrastare, completandolo, il messaggio scritto. Ma tutto in Pizzati non è semplice come potrebbe apparire, e così scopriamo che in una fotografia di una piccola barca nell’India del Sud, persa nel grande mare dell’inquadratura, i pescatori sembrano a loro volta comporre la parola “Tamil”… come a dire che poi è sempre lì, al segno, che si finisce per tornare. (“Se le parole fossero sostanze chimiche – leggiamo in un altro resoconto – si sentirebbero continue esplosioni”).

Tra storie filosofiche o incastonate in una struttura matematica che tanto somiglia alla metrica e narrazioni circolari come un dipinto di Escher (citare Borges rischia di sembrare banale, ma di questa grande lezione stiamo parlando), il lettore approda ai due testi più lunghi che chiudono il libro. E se in Herr Hawthorne e Danilo Parise al cinema Edison la sotterranea citazione è perfino vertiginosa (e alla fine il mondo sembra, seppur di pochissimo, diverso da quello che conoscevamo prima), in Il passo che cerchi Pizzati ci porta, come è giusto che sia in un racconto (e qui non temiamo smentite nell’uso del termine) a una frase finale di climax che è al tempo stesso il culmine e la spiegazione di sensazioni e frammenti che avevamo raccolto, forse perfino inconsciamente, nelle pagine precedenti. E che portano lo stesso lettore a trovare il proprio passo dentro questo libro (e tutti gli altri).

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