10 luglio 2011

La Domenica torna triste domenica…

E’ un pomeriggio inglese, di quelli rivestiti di carta da parati beige e tazze di tè troppo carico mentre fuori piove e la noia se ne sta seduta sorridente sul canapè. Ecco, la nuova (vecchia) Domenica del Sole 24 Ore a Kilgore fa esattamente questo effetto. Il ritorno al formato large e alla veste grafica dei bei tempi andati – tempi fatti di pezzi noiosetti ancorati a una cultura impantanata in qualcosa che a noi, a essere proprio sinceri, non interessa granché – ha portato in eredità direttori e cardinali (niente da dire per l’amor del cielo, ma la cultura secondo il nostro modestissimo avviso non è esattamente il posto delle divise e delle gerarchie…)… E dove sono finite firme brillanti come Lagioia, Carnero o Ricuperati? (Torneranno, vero? E’ solo un caso estivo, ne siamo sicuri!) E il bravissimo Stefano Salis che si batteva per un libro come “Fame di realtà” di David Shields adesso se ne sta un po’ relegato in qualche taglio basso abbastanza nascostino… (Ma presto lo rivedremo in prima, è certo). E poi a noi di Kilgore manca tremendamente, TREMENDAMENTE, quella vocazione pop rappresentata dal formato tabloid e dall’aria fresca, un po’ americana e anti accademica, seppur culturalmente solida…

Domenica era un’attesa eccitante, adesso sembra più leopardiana. (E sappiate che Kilgore, che detesta il Manzoni, invece venera il recanatese, ma questo non importa, o meglio è giusto che non importi. Invece adesso sembra di essere tornati ai tempi in cui DEVE per forza importare, almeno è la sensazione che, con disagio fisico, proviamo guardando l’ultimo numero, quello del 10 luglio…). Perfino Cordelli, Cordelli!, oggi sul Corriere della sera parla di Tommaso Pincio, e sembra, in confronto, di vivere in quadro di Andy Warhol anziché nella campagna pavese in un giorno nebbiosetto, mentre tutti i tuoi amici sono in vacanza ai tropici e la connessione Adsl non ne vuole sapere di funzionare.

Sparare giudizi non è granché bello, e in effetti ci accorgiamo di averlo fatto, forse con troppa foga. Ma è perché alla Domenica ci teniamo, perché non vediamo l’ora che esca, perché la cultura è una figata, a patto di saperlo dire con una certa eleganza, o quantomeno con la faccia seria e una giacca di felpa verde scuro. Ma una figata va difesa, fatta crescere, tutelata nella sua meravigliosa e postmoderna fragilità, sennò c’è il rischio che l’atmosfera uggiosa della Sunday britannica, triste domenica!, ci ripiombi tra capo e collo come una incudine, di quelle che colpiscono, ma i danni sono più scenografici che reali, il povero Wyle E. Coyote (naturalmente di marca Acme).

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