20 maggio 2008

Le tigri di luce di Bialobrzeski

Una città virtuale, fatta di tanti frammenti di varie città. E' questo l'obiettivo che il fotografo tedesco Peter Bialobrzeski si è posto al momento di documentare le nuove metropoli asiatiche. Un viaggio fotografico che è diventato un libro edito da Contrasto, "Tigri di luce", e oggi diventa una mostra che andrà in scena per le vie di Cinisello Balsamo nel Milanese dal 18 maggio al 13 luglio. Kilgore ha incontrato Bialobrzeski al Centro internazionale di Fotografia Forma di Milano, e il fotografo ci ha spiegato il suo modo di intendere la fotografia urbana: "Una città - ci ha detto in un impeccabile inglese - si fotografa in diversi modi, in base a quali sono i tuoi propositi. L'essenza è catturare il senso dei luoghi, non solo riguardo una specifica città, ma riguardo un'idea di città. Il mio sogno - ha aggiunto il fotografo – era trovare una qualità che unisse tutte le città, l'idea non di una sola città, ma una città virtuale fatta di frammenti di varie città". Un tentativo che, guardando le immagini di "Tigri di luce", a noi di Kilgore appare pienamente riuscito, tanto nella ricerca di un nesso comune tra Hong Kong, Shanghai, Bangkok o Singapore, quanto nella dimensione quasi onirica che la lunga esposizione e l'uso di una macchina fotografica di grande formato conferiscono agli scatti di Bialobrzeski.

L'Asia, con la frenetica crescita delle nuove metropoli, ha offerto al fotografo il materiale della sua ricerca, che l'artista legge anche da un punto di vista sociale: "E' un fenomeno soprattutto asiatico, perché qui c'è stata una grande crescita della classe media che non esisteva prima. E lo sviluppo delle città riflette la situazione economica di queste nazioni". Un dinamismo che si manifesta anche nella luce che prorompe dagli agglomerati urbani: "L'energia di una città - ha spiegato Bialobrzeski - è riflessa nell'emissione di luce. Io volevo trovare e trasformare in fotografia l'energia di queste città". E proprio il controllo della luce, che in certi scatti del fotografo tedesco è talmente perfetto da sembrare perfino semplice - quando in realtà è di enorme complessità - è uno dei motivi per cui lavora con il grande formato, che consente, attraverso pose di 4 o 8 minuti, di "raccogliere tutti i dettagli di luce".

La componente tecnica è uno degli elementi che caratterizzano il lavoro di ogni fotografo, ma per Bialobrzeski da sola non basta. "E' necessario - ha spiegato - conoscere le possibilità tecniche, ma devi anche saper piegare la tecnica a ciò che vuoi ottenere. Occorre avere in mente in anticipo quello che vuoi che venga fuori dalla fotografia. Il modo in cui lavoro io è quello di anticipare le possibilità".

Quando si pensa a immagini urbane in Italia il nome più popolare è quello di Gabriele Basilico, ormai divenuto una star internazionale grazie ai suoi lavori sui panorami di città. "Con Basilico - ha ammesso Bialobrzeski - condivido una forte idea di progetto. Lui è molto interessato alla struttura della città, una struttura pura, ma nella quale le persone non compaiono mai. Io invece lavoro in modo da rendere l'idea di città abitate, uso le coincidenze legate alla vita delle città. Ho lavorato anche come fotogiornalista - ha aggiunto l'artista - e ancora vado in cerca di cose inattese: quando trovo un punto di ripresa aspetto le possibilità della situazione". Anche nelle foto di Bialobrezski, comunque, gli edifici e il tessuto urbano sono al centro e la figura umana, per quanto presente, svolge un ruolo non di primo piano. "Io penso le persone - ci ha spiegato - come abitanti, non come individui. Ma anche come soggetti che vivono la loro vita all'interno delle strutture architettoniche avanzate che fotografo". Se però gli chiediamo se le sue città sono dei "non luoghi" la risposta è chiara: No, sono solo un tipo diverso di luogo, dei 'very much places'". Una definizione che ci piace molto.

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