20 ottobre 2007

Il mio nome è Todd

Dopo aver lanciato in Italia scrittori come Charles D'Ambrosio e Kevin Canty, l'editore Minimum Fax ha scovato un altro virtuoso della short-story americana: si tratta del 38enne Todd Hasak-Lowy, la cui raccolta d'esordio, "Non parliamo la stessa lingua", esce nel nostro Paese in queste settimane. Sette storie discretamente lunghe nelle quali lo scrittore aggiorna la tipologia del racconto con il ricorso a stratagemmi narrativi e scelte stilistiche che spesso disorientano il lettore, lasciando la sensazione di trovarsi davvero davanti a qualcosa di nuovo e importante. Michael Chabon, uno dei guru della letteratura americana contemporanea, ha definito Hasak-Lowy "un nuovo stupefacente talento" e i suoi racconti "storie accessibili nella loro modernità, già classiche nel loro tono autorevole". Un giudizio molto lusinghiero che coglie nel segno: con il loro mix di riferimenti sociologici, storici, quotidiani, i racconti di Hasak-Lowy mettono il lettore di fronte al nostro presente, interpretato attraverso la lente di un narratore che dimostra di avere interiorizzato con finezza la modernità, con le sue miserie e le sue ossessioni, ma anche le grandi possibilità ironiche (e talvolta meta-letterarie) che essa fornisce allo scrittore.

Il dramma privato di un rancoroso barista del Museo dedicato agli ebrei vittime delle persecuzioni naziste; la strana metodologia di dieta proposta da una compagnia di guardie del corpo; un inconsueto colloquio di lavoro; una storia che mischia la ricerca di un portafogli, una guerra nucleare "limitata" e una buona dose di espedienti da "racconto nel racconto"; la morte di un uomo su una cyclette. Le storie di Todd Hasak-Lowy trattano di argomenti diversi, ma quello che li accomuna è lo stile dello scrittore, in questo erede della più grande tradizione ebraica, che gli permette di unire, sotto l'egida di una ironia poco appariscente ma implacabile, aspetti di narrativa a dati statistici sulla popolazione obesa, storie di fantapolitica e modesti problemi quotidiani, fino a diventare egli stesso, lo scrittore Hasak-Lowy, protagonista di una delle vicende che lui racconta.

Storie come "Il colloquio di lavoro" hanno qualcosa di Kafka, ma ci parlano della nostra vita quotidiana e della nostra società con una lucidità sorprendente. Altre, come "La Nazione dei predatori", sono costruite con tempi narrativi perfetti. Altre ancora, come "Il compito di questo traduttore" o "La fine del portafogli di Larry", riescono a indagare con acutezza nei malesseri più striscianti dei rapporti quotidiani tra le persone, accostandoli sorprendentemente con grandi eventi globali. Fino adarrivare a "Come morì il padre di Keith", un racconto dove quest'uomo è identificato solo come il genitore di suo figlio, ma di quest'ultimo la storia non tratta in nessun modo.

"Non parliamo la stessa lingua" è un libro che segna un momento importante per il racconto americano e Todd Hasak-Lowy ha dimostrato di saper rinnovare la tradizione della short-story. Nel 2008 uscirà negli Usa il suo primo romanzo, una nuova sfida che sarà interessante seguire.

Nessun commento: