11 marzo 2007

Kevin Canty e i racconti perfetti

Undici racconti dal cuore degli Stati Uniti che fotografano i lati meno conosciuti della società americana e offrono, accanto a uno stile che regge il confronto con quello dei grandi maestri della narrazione breve, una lettura poetica e in fondo ottimista delle circostanze della vita."Tenersi la mano nel sonno" è il primo libro dello scrittore americano Kevin Canty a essere pubblicato in Italia - edizioni Minimum Fax - e nelle sue 150 pagine rinnova felicemente la tradizione della short story americana. "Sono un profondo ottimista - ha detto lo scrittore, che Kilgore ha intervistato a Milano - e benché non tutte le cose che ci capitano sianonecessariamente positive, credo che si possa arrivare a crescere e a migliorare anche attraverso il dolore". Un passaggio che si adatta perfettamente alla struttura dei racconti di Canty, neiquali un senso di minaccia e di pericolo è sempre presente sullo sfondo, ma spesso si stempera in una svolta positiva, in una ritrovata pace, che danno al lettore una sensazione di sollievo."Mi auguro - ha aggiunto lo scrittore - di riuscire a dare speranza".

Nato a Berkeley nel 1953, biondo e imponente, con una lunga serie di mestieri alle spalle, Canty scrive di una relazione complicata tra zia e nipote che pure, nelle profonde diversitàtra loro e passando per spazi ambigui e pericolosi, riescono in qualche modo a portare avanti il loro amore. Oppure racconta di un nonno che deve recuperare il nipotino lasciato solo a casa dalla madre drogata e in questo viaggio notturno e misterioso l'uomo trova una compagna inattesa. O ancora il matrimonio tra una ragazza che è stata obesa e il suo uomo insonne: dopo paginedi straziante precisione ecco la frase finale: "La nostra piccola storia va avanti un giorno in più". Racconti di periferia americana insomma, geografica e sociale, nei quali però non cisono solo drammi, ma anche la possibilità di una vita normale, pure nel caos e nelle difficoltà del presente.

Tra le undici storie di Canty spicca "Il vestito rosso", racconto dell'apprendistato alla vita di un ragazzino finalmente ammesso a servire come barman alle feste organizzate dai genitori. Si troverà a oltrepassare la propria linea d'ombra, a scoprire dei segreti su sua madre e infine a stabilire un rapporto di muto rispetto con lei. Il tutto in circa 12 pagine. Straordinario, un modello per il racconto perfetto. "E' un racconto nato per caso - ha spiegato Canty - dalla mia curiosità per un manuale sulla preparazione dei cocktail. Poi la storia ha preso una sua direzione autonoma, io non sapevo dove sarebbe andata a finire, e i personaggi si sono composti scrivendo. Non sono io il protagonista e i genitori non rappresentano i miei genitori". Un metodo di creazione delle storie che Kevin Canty adotta sempre: "Inizi a scrivere una storia - ha detto - partendo dal mezzo, poi il resto si compone strada facendo". Una certezza però c'è fin dall'inizio: la dimensione della narrazione. "Alcune storie nascono come romanzi, altre come racconti. Proprio perché alcune hanno bisogno di molte pagine, altre di poche". A differenza di grandi della narrazione breve come Carver o Cechov, Canty ha infatti al suo attivo anche tre romanzi e rivela di avere già idee anche per altri.

Nei racconti di "Tenersi la mano nel sonno" passano comunque molte delle inquietudini sociali dell'America: dall'alcolismo all'obesità, dalla malattia alla droga. Ma forse il vero filo rosso che unisce le storie è la narrazione delle molte forme della solitudine. "Io sono cresciuto in una grande famiglia dove non si era mai soli, ma per scrivere cerco di guardare agli altri, alle esperienze degli altri. Si è soli in tanti modi". E la letteratura per Canty può essere anche uno degli antidoti alla solitudine, oltre che un modo per crescere attraverso dei percorsi che ciascuno trova nella pagina scritta e che può poi forse declinare nella propria vita.

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