17 agosto 2006

Caro Pedro, ti scrivo

Tutto su mia madre”, “Parla con lei” e poi, per la seconda volta al cinema, anche “Volver”. Approfittando di quattro giorni di solitudine mi sono concesso un'overdose di cinema, nella quale spiccano i tre grandi film di Almodovar. E proprio al regista mancego indirizzo questa ideale missiva di un ammiratore tanto tardivo quanto convinto.

Che meraviglia, caro Pedro, quelle donne che passano attraverso il peggio della vita con così tanta forza e leggerezza. Che splendore i colori, le musiche, gli orrendi programmi televisivi di cui ci racconti nei tuoi film. Che tenerezza – e che lezione di vita – nelle pacate reazioni all’orrore e alla follia. Che preziosa serenità che emerge dai marosi spaventosi della realtà.

E’ un cinema, il tuo, che riconcilia con il presente, che a me dice che si può guardare qualsiasi cosa, anche la peggiore, provando a trovare un brandello di positività. Sarà anche una consolazione fittizia, perché nella rotonda delle battone di Barcellona non capiterà tutte le volte di incontrare la propria amica del cuore, ma comunque riempie il cuore. Come le calze gambaletto di Carmen Maura o la finestra che dà sulla scuola di danza classica di Geraldine Chaplin.

Caro Pedro, non so se il cinema debba “servire” a qualcosa. A me il tuo serve di certo a ritrovare quell’ottimismo che a volte le circostanze del quotidiano mi fanno dimenticare.

Sempre tuo, Kilgore

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